Tutti abbiamo pregiudizi (sì, proprio tutti!), risultato della nostra educazione, della cultura del gruppo in cui siamo cresciuti, dei messaggi delle figure di riferimento, delle esperienze che abbiamo fatto.
I pregiudizi e l’Implicit Association Test
A ognuno di noi piace pensarsi libero da pregiudizi, con una mente aperta e disponibile a valutare ogni scenario in maniera razionale… ma la realtà è diversa. Più o meno consapevolmente i pregiudizi si annidano dentro di te e distorcono le tue valutazioni.
Se vuoi scoprire i tuoi punti ciechi, puoi utilizzare l’Implicit Association Test, messo a punto dai ricercatori della University of Washington. Il test si divide in otto sezioni, ciascuna delle quali affronta un tema di pregiudizi: età, razza, nazionalità, genere, disabilità, colore della pelle, peso, orientamento sessuale (sarai stupito dai risultati).
Dal momento che è piuttosto difficile liberarsi dai propri pregiudizi (anche se non impossibile), occorre almeno conoscerli per sapere quali aggiustamenti fare.
Sia nella vita privata che nel lavoro, i pregiudizi ci portano a scelte automatiche non sempre utili al benessere (nella sfera privata e in quella lavorativa).
Ho lavorato con un imprenditore che aveva grosse difficoltà relazionali con i suoi dipendenti. Già dalle prime sessioni era emersa una convinzione del tipo:
“Quando assumi qualcuno a tempo indeterminato si accomoda e non s’impegna più, forte della posizione contrattuale”
Un vero e proprio pregiudizio che si portava dietro da tre esperienze disastrose con altrettanti dipendenti (nonostante avesse poi lavorato con decine di buoni collaboratori). Questo pregiudizio ben radicato lo portava a lasciare più autonomi i dipendenti a tempo determinato e controllare ossessivamente quelli a tempo indeterminato (arrivando anche a telefonare dieci minuti prima dell’uscita per vedere se il collaboratore era ancora alla scrivania).
Secondo te, con che tipo di atteggiamento rispondevano i dipendenti?
Sicuramente sei arrivato alla conclusione corretta: quelli lasciati più liberi e autonomi performavano meglio, erano molto più proattivi e collaborativi. Quelli controllati ossessivamente, diventavano insofferenti, passavano alla modalità reattiva e collaboravano meno, erano molto più insofferenti alle difficoltà e si lamentavano più spesso.
Tutto questo accadeva come risposta all’atteggiamento dell’imprenditore non certo perché avevano firmato un contratto.
Il, così detto, bias di conferma è quell’errore mentale che ci porta a notare tutto ciò che conferma una nostra idea e a ignorare tutto ciò che la mette in discussione.
Per cui se hai un pregiudizio su una persona (ad esempio ritieni che sia un lavativo) noterai tutte le azioni, atteggiamenti e risultati che confermano il pregiudizio, ignorando sistematicamente ciò che lo mette in discussione (o etichettando quel singolo episodio come l’eccezione che conferma la regola).
I pregiudizi inconsapevoli ci rendono ciechi alle opportunità. Ad esempio, se ritengo un collaboratore poco intelligente, sarò portato a dare meno peso alle sue opinioni, critiche e proposte. Non appena lui comincerà a parlare, la mia mente si chiuderà automaticamente, avvolgendosi su pensieri tipo:
“Certo, ecco il solito che fa proposte campate in aria”
“Ecco, la solita critica inutile”
E forse, quella proposta o critica, è la soluzione a un problema urgente del team.
Naturalmente vale anche il contrario, se hai un pregiudizio positivo su una persona, tenderai (bias dell’effetto alone) a prendere in gran conto ogni sua proposta, critica e opinione. Magari senza neppure approfondire le conseguenze. Nel caso di un disastro sarai portato a giustificarlo puntando il dito sulle circostanze, il mercato, la società, le stelle…
Tutti noi siamo bravissimi a trovare scuse per non ammettere di aver sbagliato, soprattutto se questo significa mettere in discussione le proprie credenze.
Quindi come puoi fare?
- Per prima cosa consapevolizza quello che pensi delle persone che ti circondano (o di un cliente, società, team, azienda…) e cerca tutte le prove contro la tua idea.
Sì, hai capito bene, fai l’avvocato del diavolo e stana tutte le situazioni che ti danno torto. Se serve scrivi tutti, proprio tutti, gli episodi pro e contro la tua idea. - Secondo: chiedi l’opinione ad altre persone. Racconta sinceramente come vedi tu la situazione e ascolta (davvero) cosa ne pensano persone diverse e per quale motivo hanno opinioni differenti dalle tue.
Ognuno vede la realtà per come se la racconta, ma più teste possono ampliare di molto la visione soggettiva e arricchirla in modo da poter fare scelte più razionali. - Terzo: sii disposto a provare. Ovviamente nei limiti delle possibilità in campo lavorativo (ma anche personale) concedi una chance alla persona, all’idea, al cliente… Poi potrai fare tutte le valutazioni del caso. Avrai comunque acquisito informazioni oggettive.
Tutti noi siamo molto attaccati alle nostre credenze, alcuni le confondono addirittura con l’identità, sentendosi svalutati se vengono messe in discussione. Per fortuna nella vita cambiamo (non credo che tu abbia le stesse credenze che avevi a dieci anni… a quindici o a venti…) ed è questo il bello.
Permetterti di scoprire cose nuove, cambiare paradigmi mentali, mettere in discussione ciò che credi. Ne guadagnerai in consapevolezza e sarà anche divertente osservare il tuo te stesso di oggi libero dai pregiudizi che lo incatenavano fino a ieri.
Articolo di: Umberto Maggesi
Senior trainer soft skill Forma Mentis.
(Fonte: Forma Mentis)
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