Conferenza Esri 2025
HomeGeoGeografia dimenticata, ma il mondo chiede di essere capito

Geografia dimenticata, ma il mondo chiede di essere capito

La geografia è una scienza dimenticata, il mappamondo sta diventando un soprammobile”. Sono queste le prime frasi che si leggono sui quotidiani, dopo aver intervistato dei professori di geografia.

Eppure, nonostante il grido d’allarme, qualcosa dev’essere andato storto se il globo continua ad essere chiamato mappamondo e le carte geografiche continuano ad essere chiamate con il diminutivo di “cartina”. Spesso mi è stato fatto notare di essere troppo pignola su questo punto, che non si può pretendere che la gente cambi abitudine.

Ma se insistiamo così tanto sull’asterisco alla fine delle parole per evidenziare la non-univocità del genere, perché permettiamo che questo accada con un termine scientifico?

La geografia è una scienza essenziale

Scientifico, sì, perché la geografia è una scienza. La geografia è la scienza che più di tutte le altre ci aiuta a comprendere il mondo, perché analizza vari punti di vista e non si ferma mai al superficiale. La geografia allarga gli orizzonti, apre la mente, elimina i pregiudizi.

Oggi più che mai abbiamo bisogno della geografia, ma sembra sia stata data per spacciata ormai. Complice il retaggio culturale che ci fa provare vergogna non appena ci dimentichiamo la capitale di un Paese, come se ricordarle tutte a memoria ci facesse vincere un premio, complice la pigrizia e la perdita di curiosità di alcuni che fa mettere le mani avanti in un discorso dicendo: “non chiedetelo a me, io non so nulla di geografia!”, complice anche il fatto che spesso questa materia è stata insegnata da persone con una laurea in lettere, la geografia è stata piano piano relegata agli angoli più bui dell’educazione, finendo addirittura con l’odiarla.

Ricordo che sin dalle elementari i miei insegnanti ci raccontavano della caratteristica forma dello stivale italiano, perciò, immaginate lo shock che si può provare quando dei bambini di quarta elementare a cui stavo facendo ripetizioni non avevano assolutamente nessuna idea di dove potesse collocarsi l’Italia, tantomeno che potesse ricordare la forma di uno stivale!

Non credo che a questo punto il problema sia solo scolastico, credo sia proprio istituzionale. Durante una delle famose giornate dei “career days” che organizzano le università, quelle giornate in cui hai l’occasione di incontrare rappresentanti di aziende importanti e approcciarti per la prima volta al mondo del lavoro, sono rimasta sorpresa dal fatto che uno dei settori più importanti del nostro Stato, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non aveva pensato di inserire un geografo o una geografa per migliorare il servizio. Addirittura, mi chiesero stupiti: “ma veramente, esiste un corso di laurea in geografia? Si studia ancora?

Da quel momento capii che io, studentessa di geografia, fuori sede, che usava i trasporti pubblici ogni giorno per andare all’università, facendo viaggi di oltre due ore al giorno per poter studiare senza dover prendere una stanza in affitto, non avevo speranze di poter lavorare come geografa in Italia.

L’importanza della divulgazione scientifica

O forse no. Per questo mi ritrovo qui, a scrivere e a divulgare la geografia. Dopo aver letto vari articoli di giornali che intervistavano professori importanti nelle università per lo studio della geografia, mi sono sentita in dovere di dire anch’io qualcosa in difesa di questa disciplina così fondamentale nella vita di tutti e tutte noi.

Ho iniziato da poco a lavorare per GeoSmartCampus preparando articoli per GeoSmartMagazine e posso assicurarvi che la geografia non è mai stata così viva come adesso.

La geografia è una disciplina che, più di ogni altra, insegna a orientarsi. Non solo tra le montagne e i fiumi di una mappa, ma tra i flussi invisibili che modellano il mondo: guerre, migrazioni, cambiamenti climatici, squilibri di potere. Eppure, oggi, nella scuola italiana, sembra relegata al ruolo di soprammobile, un oggetto che si tiene per tradizione, ma che nessuno usa più davvero.

Non basta studiare i confini sulle carte”, ha detto in una recente intervista Riccardo Morri, docente di geografia all’Università La Sapienza di Roma, e autore di un appello accorato: la geografia, se vuole sopravvivere, deve ritrovare il legame con la realtà. Ma quel legame, oggi, sembra spezzato. Le ore dedicate alla materia sono sempre meno. Nella secondaria di primo grado, spesso viene inglobata dentro altre discipline, come un’ombra della storia. Nella secondaria di secondo grado, scompare quasi del tutto, salvo qualche apparizione in alcuni indirizzi tecnici.

Non si è più capaci di leggere il mondo

Si insegna sempre meno a “leggere” il mondo. Si è da poco conclusa la giornata mondiale del libro e, anche in questo caso, l’Italia è al terzultimo posto nella classifica europea per numero di lettori di libri. Siamo un popolo che non legge più, né i libri, né il mondo.

Eppure, mai come in questo tempo, la geografia è cruciale. Per capire perché milioni di persone fuggono da certe zone del pianeta, per decifrare le ragioni dietro le crisi energetiche o i conflitti per l’acqua. Per comprendere come una metropoli si espande e consuma territorio, o come la desertificazione minaccia l’equilibrio globale. La geografia è il filo che unisce il locale e il globale, il vicino e il lontano, l’umano e il naturale.

Le nuove Indicazioni Nazionali del ministro Valditara propongono due visioni opposte per insegnare geografia e storia: da un lato, per la geografia si punta su strumenti moderni e un approccio globale, invitando a “guardare il mondo con occhi nuovi”; dall’altro, per la storia si torna a un metodo rigido e tradizionale, centrato quasi esclusivamente sull’Occidente. Il risultato? Un contrasto profondo che rischia di spezzare la coerenza del percorso educativo.

Ma nelle aule si continuano a sfogliare gli atlanti come fossero album di ricordi ingialliti. Si memorizzano capitali e catene montuose, ma si fatica a collegare quei luoghi alla vita vera, alla cronaca, ai movimenti profondi della storia presente. Intanto, le giovani generazioni crescono con una mappa mentale frammentata, spesso confusa. Senza Google Maps ci si perde.

«La geografia è scomparsa dalla scuola italiana. Interessi politici ed economici preferiscono allevare cittadini-consumatori inconsapevoli e dunque più manovrabili. La nostra casa così diventa ogni giorno più stretta: percepiamo il migrante come un pericolo, piuttosto che come un’opportunità, pagando un alto prezzo all’equivoco della lontananza», afferma Mauro Varotto, docente all’Università di Padova.

C’è bisogno di una geografia viva, che dialoghi con la storia, con le scienze, con l’educazione civica. Una geografia che si faccia domanda prima ancora che risposta: perché certe città crescono e altre si svuotano? Perché i mari si innalzano? Perché i confini si muovono? Una geografia che entri nelle questioni del presente, che aiuti a comprendere il linguaggio della Terra, i segni del potere, la logica – e l’illogicità – dei conflitti.

Nel mondo che cambia, non possiamo più permetterci di insegnare geografia come se nulla fosse cambiato. Occorre restituirle dignità, tempo, centralità. Non solo per amore della disciplina, ma per necessità. Perché senza geografia, si smette di capire il mondo. E quando si smette di capire, si smette anche di scegliere. Si finisce per essere spettatori, anziché cittadini.

Articolo di Chiara Gasbarrone

Fonti:
Leggi anche:
Esri Italia luglio 2024
Web Marketing Festival 2025

POST CORRELATI DA CATEGORIA

Servizi a ReteTour 2025
OVHclolud Summit 20 maggio 2025

ULTIMI POST

Soluzioni per la gestione intelligente dei parcheggi.
Gruppo Enercom

maggio, 2025

Speciale Startup Easy Italiaspot_img