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Satelliti per il monitoraggio dei gas serra, la svolta dell’Europa

Il monitoraggio dei gas serra dallo spazio – di Ilaria C. Restifo Referente per l’Italia di Environmental Defense Fund.

Il ruolo chiave dei satelliti per il rilevamento delle emissioni accidentali o programmate di gas metano rappresenta una svolta nelle politiche europee di contrasto ai cambiamenti climatici e, attraverso il programma Copernicus ed altri programmi internazionali come MethaneSAT, permetterà di monitorare i grandi emettitori mondiali.

La contingenza che stiamo vivendo in questo convulso 2021 – mentre il mondo tenta di uscire dall’emergenza Covid – vede coincidere due importanti appuntamenti per l’ambiente: da un lato il “pacchetto” di misure e provvedimenti UE, avviati con l’European Green Deal a fine 2019, vedrà entro l’anno una prima proposta legislativa per imporre alle società energetiche di monitorare le proprie emissioni di metano; dall’altro, la concomitanza della COP26 sarà incentrata sull’urgenza di ridurre le emissioni climalteranti – in particolare CO2 e CH4 – nel percorso comune verso la neutralità climatica al 2050 e al target degli 1.5 C°.

Dal canto suo, l’Italia è sotto i riflettori internazionali rispetto a questa tematica per un’ulteriore doppia coincidenza: la simultaneità degli eventi legati alla presidenza italiana del G20 – inclusa la Ministeriale di Napoli su Energia e Clima – e dei lavori preparatori verso la COP26, di cui il nostro paese è co-organizzatore insieme al Regno Unito.

Tra le misure previste a livello UE sulle emissioni spicca appunto l’implementazione obbligatoria di tecniche di monitoraggio, misurazione e verifica delle emissioni di metano lungo la filiera del gas naturale, che vede l’Europa maggiore importatore globale, con l’Italia tra i leader continentali.

È da qui che prende le mosse l’iniziativa svoltasi lo scorso 25 giugno sul ruolo che i satelliti sono destinati a svolgere nell’ambito del monitoraggio ambientale (qui il link agli esiti del convegno). L’evento, organizzato dall’Environmental Defense Fund in collaborazione con gli Amici della Terra, ha riunito per la prima volta i protagonisti nazionali e internazionali della ricerca spaziale applicata alla tutela dell’ambiente.

Sono state passate in rassegna le più recenti tecniche di osservazione della terra mirate al monitoraggio delle emissioni climalteranti di origine antropica, e in particolare del metano. L’iniziativa è stata selezionata dal Ministero della Transizione Ecologica nell’ambito del programma All4Climate Italy 2021 in vista della COP26 Pre-Week di Milano (dal 28 settembre al 2 ottobre 2021).

Ma cosa c’entrano i segnali ricevuti dai satelliti con l’annunciata legislazione europea che mira a responsabilizzare le aziende energetiche nell’atto di misurare, rendicontare e verificare le proprie emissioni di metano in modo molto più stringente rispetto al passato?

C’entrano. E non poco. Il potenziale di riscaldamento del metano nel breve termine è ben noto: oltre 80 volte superiore a quello della CO2 nell’arco dei primi vent’anni dal suo rilascio. La rinnovata attenzione sulla pericolosità con cui questo gas climalterante agisce sul riscaldamento del nostro pianeta ha portato la Commissione Europea a pubblicare lo scorso ottobre una Strategia UE per ridurre le emissioni di metano di origine antropica, con particolare attenzione al settore energetico.

La comunicazione elenca, tra le altre, le seguenti azioni intersettoriali: 1. La Commissione promuoverà il miglioramento della misurazione e della comunicazione delle emissioni di metano da parte delle imprese in tutti i settori pertinenti, anche attraverso iniziative settoriali specifiche; 2. La Commissione sosterrà l’istituzione di un osservatorio internazionale indipendente delle emissioni di metano che (…) avrà il compito di raccogliere, sottoporre a controllo incrociato, verificare e pubblicare i dati sulle emissioni antropiche di metano a livello mondiale; 3. La Commissione rafforzerà il monitoraggio e il rilevamento satellitari delle emissioni di metano attraverso il programma Copernicus dell’UE allo scopo di contribuire alla capacità coordinata dell’UE di rilevare e monitorare i super emettitori mondiali.

In particolare, l’assunto alla base delle indicazioni per implementare tecniche di monitoraggio delle emissioni di metano è che per gestire le emissioni – e quindi per dotarsi di un quadro normativo efficace – bisogna misurarle e conoscerle, il che implica sbrigliare il potenziale tecnologico a disposizione, tramite approcci di rilevamento sia dal basso che dall’alto.

E dunque il legislatore europeo non vede svincolati gli obblighi di misurazione e rendicontazione dal basso – che ricadono sugli operatori – rispetto al potenziamento delle tecniche satellitari dall’alto, mirate invece a individuare i super emettitori e le fonti emissive diffuse. Questo, nell’ottica di fornire uno strumento strategico ad uso di governi e industrie per attuare misure di mitigazione e ridurre le emissioni di metano di origine antropogenica in atmosfera.

Tra tutte le tecnologie oggi disponibili, l’osservazione della Terra da satellite è quella che appare più adatta a determinare la severità delle emissioni di metano per aree geografiche e regionali, e a individuarne i punti caldi. In sintesi, oltre che dalle nuove tecniche di misurazione terrestre e aerea, la trasparenza sulle emissioni di metano sarà garantita anche dalla crescente disponibilità e precisione di dati satellitari avanzati.

Il telerilevamento da satellite sarà un elemento chiave per definire, non solo la qualità ambientale delle importazioni di gas naturale che arriva in Europa e in Italia, ma anche i punti critici interni al nostro sistema gas, e guidare la riparazione delle perdite al suolo, ma anche sottoporre a controllo incrociato i dati dal basso, comunicati dalle imprese, con quelli dall’alto provenienti dai rilevamenti satellitari.

Le pratiche di venting e flaring, ad esempio, o le perdite accidentali, non sono ancora adeguatamente regolamentate, e ad oggi la qualità del servizio gas è legata alla sicurezza degli approvvigionamenti e al rischio incidenti, non necessariamente alla qualità ambientale del servizio erogato.

Tutto questo è destinato a cambiare nel breve termine. La credibilità del gas come combustibile di transizione è legata inscindibilmente all’introduzione di un regolamento che vincoli le imprese ad effettuare misurazioni empiriche e rendicontazioni puntuali, oltre che a riparare le perdite tramite tecniche LDAR (Leak Detection and Repair), con tempi certi di intervento. E auspicabilmente l’imminente legislazione europea sulle tecniche di MRV potrà introdurre restrizioni anche sulle attuali pratiche di venting e flaring, sfiati operativi autorizzati che, in Italia come in Europa, non rientrano in un quadro normativo certo.

Nel complesso, la cosiddetta space economy è destinata ad essere una vera rivoluzione culturale, e quindi una presa di coscienza politica, con una missione speciale rispetto al monitoraggio e alla tutela del nostro ambiente comune.

Se davvero vogliamo essere coerenti con i target climatici che ci siamo dati, è adesso che bisogna giocare la partita. Il 2050, e ancor più gli obiettivi al 2030, sono solo dietro l’angolo. Il tempo di procrastinare è finito. E speriamo che l’Italia, governo e imprese, voglia avere un ruolo determinante anche in questa partita, oltre che in quelle allo stadio.

(Fonte: Amici della Terra Onlus)

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