La circolazione internazionale delle opere d’arte e beni culturali: diritto, tutela e tecnologia.
I più importanti trattati internazionali promuovono il libero scambio di beni e merci, inevitabilmente sorgono questioni su come tutelare le opere d’arte che circolano vista la loro particolare natura.
Molti di questi trattati applicano deroghe per garantire tutela alle opere d’arte scambiate tra gli attori del mercato in quanto si elevano dall’essere semplici beni ordinari a beni culturali, così come indicato dalla Convenzione dell’Aja del 1954.
Il trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) nel titolo II promuove il libero scambio di merci tra gli stati membri ma all’art. 36 riconosce la particolare natura delle opere d’arte ponendo un limite: ”divieti o restrizioni all’importazione,
all’esportazione e al transito giustificati da motivi di […] Protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale […]”
L’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), al fine di garantire una tutela nel commercio di beni che presentano un valore speciale, ha disposto una misura di eccezione all’interno dell’Accordo Generale Sulle Tariffe Doganali e Il Commercio, del 1994 (GATT), disciplinata all’art 20.F.
Tuttavia questa eccezione non si riferisce alla nozione di “bene culturale” o “patrimonio culturale”, ma al concetto restrittivo di patrimonio nazionale.
Purtroppo non vi sono state decisioni sul significato della definizione di “patrimonio nazionale” dagli organi di risoluzione delle controversie dell’OMC.
I contributi di alcuni accademici a riguardo del concetto di “patrimonio nazionale” possono aiutare a definirlo.
Pier Pescatore, ex giudice della Corte di Giustizia Europea, ha affermato che: “le eccezioni alle norme che vietano i controlli sulle esportazioni devono essere interpretate in modo restrittivo nel senso che lo scopo dell’eccezione non è preservare la totalità di un tesoro nazionale, ma salvaguardarne gli elementi essenziali e fondamentali.”(1)
Andrea Biondi, Professore di European Union Law al King’s College of London afferma che: “solamente quando l’oggetto è di eccezionale importanza artistica, può qualificarsi come tesoro nazionale indipendentemente dalla sua connessione con un determinato Paese.”(2)
A tal riguardo si apre la questione di chi sia competente a valutare se l’oggetto rientra nella definizione di patrimonio nazionale o bene culturale, tale valutazione risulta più idonea se trattata da un’istituzione arbitrale specializzata in arte.
Ad oggi non esiste una definizione unanime di bene culturale, che è demandata ai singoli Stati e rimane poco chiara a causa del modo in cui è tradotta nelle varie lingue dell’Unione Europea o dei Paesi aderenti al GATT, ad esempio i termini usati da tedeschi, inglesi e francesi denotano una concezione restrittiva dei beni culturali, mentre Paesi come Italia e Spagna esprimono un’accezione di più ampio respiro.
La terminologia utilizzata nelle diverse legislazioni nazionali riflette se uno Stato è un Paese “esportatore d’arte”, (ad es. Italia, Spagna, Grecia) cioè ricco di opere e beni culturali, concentrato sulla protezione di questi.
Generalmente i Paesi del Sud Europa si etichettano come “protezionisti”, nel tentativo di mantenere nel loro territorio i beni culturali.
Tale approccio lo si può già individuare negli Stati preunitari e si definisce in maniera più compiuta nello Stato Pontificio, che con l’Editto Pacca del 1820 va a definire gli Istituti che ancora oggi le Convenzioni internazionali utilizzano per tutelare la circolazione delle opere d’arte, come le licenze alle esportazioni e l’inventario dei beni culturali presenti del territorio dello Stato.
Mentre se un Paese è “importatore d’arte”, (ad es. Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone, Svizzera), caratterizzato cioè dalla mancanza di opere e beni culturali, ha una legislazione che ne incoraggia la circolazione e gli scambi commerciali.
Questo approccio adottato da questi Paesi è “internazionalista” nel senso liberale del termine, volto ad incentivare gli scambi commerciali con una minore incidenza della burocrazia e dei controlli, lo dimostra il fatto che solo negli ultimi anni questi Paesi hanno ratificato la Convezione dell’UNESCO del 1970, che rappresenta il testo più importante in materia di contrasto al traffico illecito di opere d’arte.
Un approfondimento lo merita l’approccio adottato dall’Unione Europea rispetto alla circolazione nel mercato unico delle opere d’arte.
L’ex Comunità Economica Europea nasce storicamente con un’idea di pacificazione tra gli Stati da raggiungere grazie ad una forte cooperazione economica tra essi, tanto è vero che uno dei pilastri fondamentali dell’odierna Unione europea è il libero scambio di merci attraverso l’abbattimento delle frontiere e la creazione del mercato unico.
Tra le politiche dell’Unione Europea alla cultura è dedicato l’art. 167 del TFUE (precedentemente art. 128 del Trattato di Maastricht del 1992), che evidenzia il rispetto delle diversità culturali nazionali, sottolineando al contempo un retaggio culturale comune.
La natura della competenza dell’Unione Europea nella materia in esame consiste nell’ incentivazione alla cooperazione degli Stati membri e in raccomandazioni, mentre è espressamente esclusa qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative degli Stati
membri (art. 167 par. 5).
Un’ulteriore norma sul patrimonio culturale si rinviene nella disciplina della libera circolazione delle merci, dove l’art. 36 TFUE reca una serie di eccezioni alla regola generale del divieto di restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione fra gli Stati membri, nonché di qualsiasi misura di effetto equivalente.
Tale eccezione è giustificata da motivi di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale.
Le ragioni di questa norma si collegano a una preoccupazione comune degli Stati membri esportatori di evitare che la liberalizzazione della circolazione delle merci possa determinare la perdita di tali beni.
Le esigenze di salvaguardia del patrimonio culturale di alcuni Stati membri e la libera circolazione delle merci sono ben interpretate dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza n. 7/1968, dove la Commissione europea apre un contenzioso contro l’Italia per l’applicazione della normativa della legge n.1089 del 1939, con cui il legislatore italiano prevedeva una tassa progressiva all’esportazione negli altri Stati membri nel caso di uscita dal territorio nazionale dell’opera d’arte venendo meno all’obbligo di eliminare le tasse di effetto equivalente ai dazi all’esportazione.
La Corte stabilì che le opere d’arte rientrano nella nozione di merci, dato che si devono intendere come prodotti pecuniariamente valutabili e atti a costituire oggetto di negozi commerciali. Inoltre dichiarò che le eccezioni previste alla circolazione delle merci indicate all’art. 36 TFUE non poteva estendersi ai dazi doganali o alle misure di effetto equivalente in quanto tutte le eccezioni al principio fondamentale della libertà di circolazione vanno intese restrittivamente.
Ulteriore preoccupazione degli Stati membri fu manifestata in virtù della realizzazione del mercato unico che avrebbe eliminato le frontiere fisiche e i relativi controlli negli scambi intracomunitari. Fu per tanto adottata una dichiarazione interpretativa annessa all’Atto Unico Europeo del 1986, nella quale si precisava che non si pregiudicava il diritto degli Stati membri di adottare le misure necessarie per la lotta al traffico illecito delle opere d’arte.
Dopo questa sentenza della Corte di giustizia prima, la Cee e poi l’Unione europea redigono tutta una serie di regolamenti e direttive per uniformare lo scambio all’interno del mercato unico delle opere d’arte nel rispetto delle legislazioni di ogni singolo Stato, creando nel medesimo tempo una barriera esterna condivisa per l’esportazione delle opere d’arte al di fuori del contesto comunitario.
I testi normativi più importanti per la creazione di questo sistema condiviso sono:
- il Regolamento 116/2009 relativo all’esportazione dei beni culturali, verso Paesi terzi, questo essendo il significato del termine “esportazione” mentre nei rapporti tra gli Stati membri il trasferimento di un’opera d’arte è denominato “spedizione”.
Esso prevede che la licenza alla quale è subordinata l’esportazione di beni culturali al di fuori del territorio dell’Unione sia rilasciata su richiesta dell’interessato dallo Stato membro sul cui territorio il bene culturale si trovava lecitamente e definitivamente prima dell’eliminazione delle frontiere intracomunitarie, 1 gennaio 1993; oppure, dopo tale data, dallo Stato membro sul cui territorio il bene culturale si trova dopo essere stato lecitamente e definitivamente spedito da un altro Stato membro. La licenza di esportazione è valida in tutta l’Unione e può essere negata qualora il bene sia contemplato da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale in conformità dell’art. 36 TFUE.
Per esemplificare, si pensi ad un’opera italiana che esce dal territorio italiano per entrare in un altro Paese europeo, ad esempio il Belgio, e in tale Paese il nuovo titolare di quest’opera vuole esportarla in un Paese extra Ue. L’autorità Belga richiederà all’esportatore una licenza di esportazione secondo le indicazioni del Regolamento di esecuzione 1081/2012 che fornisce una modulistica identica per tutti i Paesi Ue.
- La Direttiva 2014/60 Ue è relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro.
Tale direttiva è molto simile alla Convenzione UNIDROIT 1995, ma si applica solo all’interno degli Stati membri. La disciplina contenuta nella Direttiva non riguarda i rapporti tra privati né la proprietà del bene, essa riguarda la restituzione allo Stato dal quale il bene culturale è illecitamente uscito.
La Direttiva non da una definizione di bene culturale, questo è lasciato all’identificazione di uno Stato membro prima o dopo essere uscito illecitamente dal suo territorio.
L’azione per la restituzione è proposta dallo Stato membro richiedente contro il possessore o il detentore del bene davanti al giudice competente dello Stato membro richiesto. Qualora sia ordinata la restituzione al possessore, che dimostri di aver usato all’atto di acquisizione la diligenza richiesta, è accordato un equo indennizzo a carico dello Stato richiedente; come si nota è esclusa l’applicazione del principio possesso vale titolo, che è uno dei tratti salienti anche della Convenzione UNIDROIT 1995.La Direttiva 2014/60 è molto importante per quanto riguarda l’identificazione dell’autorità competente a decidere di una controversia relativa all’esportazione illecita di opere d’arte, in quanto vedrà l’applicazione del Regolamento 1215/2012 c.d. Bruxelles 1 Bis concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale con l’istituzione di un foro concorrente specificato all’art 7.4 relativo al recupero di un bene culturale.
Infine è doveroso volgere uno sguardo oltremanica, in quanto le maggiori piazze del mercato dell’arte nel continente europeo si trovano a Londra con una cifra d’affari di 12,7 miliardi di dollari nel solo 2019.
Il 1° febbraio 2020 sancisce l’uscita dall’ Unione Europea da parte del Regno Unito con l’applicazione dell’art. 50 del TUE e con la conseguenza che non si applicheranno più il Regolamento 116/2009 e la Direttiva 2014/60, che vincolavano anche il Regno Unito, sollevando il problema di tutela delle opere d’arte e ricordano che il Regno Unito ha ratificato la Convenzione Unesco del 1970 ma non la Convenzione UNIDROIT 1995, adottando delle norme interne per la tutela e la circolazione delle opere d’arte.
Le conseguenze della Brexit porteranno in generale ad un dilatarsi dei tempi delle procedure doganali e un aumento dei costi nelle transazioni, inoltre si assisterà ad una diminuzione nella qualità dei controlli in quanto da Paese importatore potrà discostarsi dagli standard uniformi europei.
Queste conseguenze si percepiranno in quanto il Regno Unito non adotterà il Regolamento Europeo 880/2019 in materia di importazione di beni culturali provenienti da Paesi terzi che gli Stati membri dovranno applicare entro il 2025.
Il Regno Unito potrà trarne un vantaggio in termini di aumento della cifra d’affari ma che potrà essere successivamente macchiato in caso di trasferimento di opere d’arte dal Regno Unito verso i Paesi UE dato il mancato rispetto degli standard dell’Unione.
La legge n.22 del 9 marzo 2022
Come ultimissima novità nel campo della circolazione delle opere d’arte si segnala la legge n.22 del 9 marzo 2022 che introduce nuovi reati e un inasprimento delle pene per i reati commessi contro il patrimonio culturale.
Nel dettaglio reati legati alla circolazione delle opere d’arte sono espressi agli articoli:
Art. 518-decies relativo all’Importazione illecita di beni culturali, che punisce chi importa in Italia opere d’arte che violino le norme di tutela del patrimonio culturale di altro Stato con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 5.165
l’Art. 518-undecies c.p. riguardante l’Uscita o esportazione illecite di beni culturali che punisce chiunque operi il trasferimento all’estero dei beni culturali o in generale oggetti di interesse artistico, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione punendolo con la reclusione da 2 a 8 anni e con multa fino a 80.000 Euro.
Estendendo questa pena anche a chi non ottemperi al rientro delle opere nel territorio nazionale nei termini previsti per i quali siano state autorizzate l’uscita o l’esportazione temporanea.
Queste novità legislative recepiscono nel nostro ordinamento la Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali di Nicosia il 19 maggio 2017 ratificata dal nostro Paese con voto unanime del parlamento il 12 gennaio 2022 e che ha l’obiettivo di contrastare il traffico illecito di beni culturali che grava sugli Stati ricchi di Storia come Italia e Grecia.
Analizzando La Convenzione di Nicosia, per quello che riguarda la nostra analisi, ai suoi Art. 5 e 6 questa impegna gli Stati parte della Convenzione di rendere reato:
– l’importazione di beni culturali rubati in un altro Stato oppure esportati in violazione della legge dello Stato che li ha classificati o definiti come bene culturale.
– l’esportazione illecita di beni culturali quando l’esportazione è vietata o svolta senza le autorizzazioni necessarie.
Dal lato pratico si noti come il trasporto oltre confine e non delle opere d’arte sia colmo di complessità e investe principalmente 2 attori: Società di trasporto e assicurazioni, questi due soggetti lavorano a stretto contatto per garantire un servizio da “chiodo a chiodo” delle opere sfruttando tutte le competenze tecnologiche possibili.
I servizi di trasporto sono altamente specializzati, si contano circa 20 società a livello mondiale specializzate e che operano solamente con servizi taylormade, partendo dalla creazione degli imballaggi che sono creati da professionalità interne con materiali che variano a seconda dell’opera da trasportare.
Prima della chiusura dell’unità di carico vengono applicati dei logger che forniscono dati quali temperatura, umidità, apertura/ chiusura dell’unità di carico ed eventuali spostamenti dell’opera su qualsiasi dei 3 assi.
L’unità di carico viene tracciata da una tecnologia GPS che permette di monitorare i beni culturali per tutta la durata del viaggio e in tempo reale dalla centrale operativa ogni singolo dato, per i trasporti che implicano la movimentazione di opere di grande valore specifici contratti assicurativi richiedono sia per volontà dei privati sia per legge la presenza di guardie armate e catene di sicurezza.
Note:
(1) P. Pescatore, Le commerce de l’art et le Marchè commun, p. 455, Rev. Trim. de Droit Europèen, 1985.
(2) A. Biondi, The Merchant, the Thief and the Citizen: The Circulation of Works of Art within the EU, Common
Market Law Rev. Vol 34, 1997
Articolo di Luca Filippo Maggioni
Dottore Magistrale in Giurisprudenza presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi in diritto internazionale privato dal titolo “La Soluzione Arbitrale delle Controversie relative alla circolazione internazionale delle opere d’arte”.
Attualmente iscritto al Master in Diritto del Commercio Internazionale presso l’Università degli studi di Verona.
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