SpeakART: organizzare, gestire e valorizzare il patrimonio artistico e le opere d’arte grazie ad un’impronta digitale.
Angelica Maritan, founder della startup che porta il nome di questa innovativa soluzione, ci illustra in questo breve articolo l’idea che sta velocemente evolvendo il modo in cui l’uso del digitale e delle tecnologie contribuiscono a creare valore per le opere d’arte.
Mai quanto oggi si è parlato di tecnologia per le opere d’arte e, più in generale, per i beni culturali. Una serie di circostanze ha portato negli ultimi anni un’accelerazione nell’adozione delle tecnologie per la conservazione, valorizzazione e soprattutto per la fruizione del Patrimonio Culturale. A maggior ragione in questo periodo di forti condizionamenti, dovuti alla epidemia Covid, le applicazioni che permettono la fruizione a distanza ed aumentata si sono moltiplicate esponenzialmente.
Un altro rilevante aspetto del crescente impiego di tecnologie è rappresentato dalla nascita delle varie forme di crypto arte, la creazione di arte con il digitale, per cui il connubio tra arte e tecnologie sembra essere stato totalmente sdoganato. Da rilevare comunque che di contro questa evoluzione ha creato confusione e perplessità sia tra gli addetti ai lavori sia tra gli appassionati o semplici utenti.
Il binomio arte e tecnologia è un matrimonio, in realtà, iniziato molto tempo fa, ma si è fatto spazio più recentemente attraverso nuovi approcci per creare arte attraverso la tecnologia, come i computer, le televisioni e i video.
Anche l’arte suo mal grado ha la necessità di stare al passo con i tempi.
Sebbene il settore abbia sicuramente dimostrato molte resistenze in principio, oggi sembra aver accettato che il digitale possa offrire supporto imprescindibile attraverso il quale ottimizzare processi e la gestione quotidiana.
Molti software sono stati presentati sul mercato, per offrire diversi servizi e una decina di anni fa ha preso l’avvio una vera e propria rivoluzione del mercato. Spesso però le prime iniziative non hanno avuto il seguito che forse meritavano. Forse per poca lungimiranza di chi ha prodotto i software o per scarsa conoscenza del mercato, i prodotti offerti una decina di anni fa, oltre a includere qualche servizio in più a livello comunicativo, non hanno puntato verso un vero e proprio salto tecnologico per il settore.
Andando più in profondità possiamo affermare che ad oggi la digitalizzazione della catalogazione delle opere dovrebbe essere pressoché una commodity, ma viene offerta ancora come un’avanzata tecnologia.
Sicuramente tale servizio deve essere presente, ma il vero salto qualitativo viene affrontato
quando la tecnologia non sveltisce solo i processi, ma aiuta l’uomo a districarsi tra gli aspetti più importanti e complessi relativi alle opere d’arte. Quindi parliamo di analisi sull’autenticità o falsificazione, sul rilevamento dei danni oppure sul decadimento naturale delle opere d’arte.
SpeakART è da qui che prende vita nel 2017, è da qui che trae la sua forza distintiva, proponendo un prodotto tecnologicamente avanzato che guarda al futuro.
SpeakART è il software, creato dall’omonima startup, che lega certificati, informazioni e prove documentali all’opera d’arte.
Il core business di SpeakART è quello di mettere a disposizione del settore la prima “impronta digitale” delle opere, grazie alla quale si ottiene: certezza dell’autenticità e della corrispondenza delle informazioni e dei documenti relativi all’opera, capacità di individuare nel tempo i suoi danni ed il suo decadimento naturale.
Tutto questo conferisce un senso anche all’uso della Blockchain nel sistema arte, che senza un legame digitale tra opera e informazioni salvate risulta essere un semplice cambio di “cassaforte” nella quale immettere i documenti.
Tale impronta realizzata con un semplice scatto fotografico viene processata dal software che in autonomia immagazzina tutti i dati necessari.
Se messa a confronto con uno scatto a distanza di tempo offre al cliente tutte le informazioni necessarie, anche grazie ad un output visivo, per avere un supporto oggettivo nella determinazione di falsi, danni e decadimento naturale.
Questa tecnologia genera ovviamente una rivoluzione, in ambito assicurativo ma non solo, per questo motivo è in corso di brevetto.
Legato a questo servizio è stato sviluppato un software integrato e molto intuitivo per permettere ai clienti di SpeakART di catalogare correttamente le proprie opere d’arte.
L’altra funzionalità di SpeakART molto rilevante è la possibilità di produrre “condition report“, documenti essenziali per testimoniare le condizioni delle opere d’arte prima e dopo dopo ogni intervento o operazione, come ad esempio spostamenti per allestimenti di esposizioni o qualsivoglia altra necessità. Questa documentazione che attesta lo stato dell’opera è importante per la verifica eventuali danni e quindi anche per fini assicurativi.
Il software, personalizzabile, flessibile e aperto ad interazioni con terze parti, è progettato con i più alti standard di sicurezza e viene continuamente aggiornato.
SpeakART è una società dinamica, che guarda al futuro ed è per questo che lo spazio dedicato alla ricerca e sviluppo è sempre estremamente valorizzato.
Personalmente l’ho fondata con l’idea di dar spazio ai giovani, per credere e coltivare menti
brillanti che possano fin da subito offrire il loro contributo, guidate da chi per motivi anagrafici ha più esperienza di loro. Sono certa di voler rompere quella continuità di caste di anzianità che ho combattuto per tutta la mia vita lavorativa post-laurea. Dentro a SpeakART tutti possono dire la loro e tutti hanno la capacità di dare il loro contributo.
La domanda che sorge più spontanea parlando di digitalizzazione in tema arte è: Perché?
Non basterebbero altre 10 pagine per scrivere tutte le ragioni per cui oggi è essenziale catalogare e gestire in modo digitale tutti i processi dell’ecosistema arte.
Ne citerò tre, essenziali e trasversali a tutto il settore, escludendo i benefici dell’impronta digitale di cui si è parlato poco sopra.
La prima ed indiscutibile è l’ottimizzazione della ricerca e della fruizione del dato.
La seconda è per l’ottimizzazione di tempi e costi.
La terza, e forse più importante, è la conservazione del valore delle opere d’arte. Chi controlla e conserva le informazioni, conserva e controlla il valore delle opere che è direttamente proporzionale alla documentazione ad essa annessa.
Compagnie assicurative e intermediari, artisti, collezionisti, musei/istituzioni, archivi d’artista, professionisti, gallerie e case d’asta, tutti nessuno escluso necessitano di un supporto digitale per molte ragioni, anche se la sensibilità di alcune di queste categorie è ancora, per diverse motivazioni, davvero molto bassa.
Dai dati Istat risulta che la digitalizzazione delle collezioni museali italiane siano meno del 50%, solo per circa metà delle opere conservate, e che la principale motivazione di tale carenza sia dovuta alla mancanza di risorse economiche.
Tale dato non solo sottolinea che la sensibilità alla necessità di tale pratica sia sottovalutata, ma anche che le strutture non si rendano minimamente conto dei reali costi per esternalizzare tutto il processo.
SpeakART oltre ad essere in grado di offrire un servizio di concierge per sollevare dall’incombenza del data entry i suoi clienti, ha costi di mantenimento assolutamente irrisori rispetto ai budget annuali medi di un museo. Spesso inoltre riusciamo a sponsorizzare attraverso partnership o bandi l’intero processo.
Ciò che davvero manca in questo momento è la fantasia e la progettualità, la capacità di uscire da una zona di confort e stagnazione che da sempre caratterizza il settore.
Per quanto riguarda i privati, i più virtuosi sono solitamente i responsabili di collezioni aziendali create, organizzate e volute da mecenati a capo delle aziende.
Le collezioni personali invece sono solitamente possedute dagli over 60 che non avendo
dimestichezza con i mezzi digitali tendono a guardare la tecnologia con una certa diffidenza. Tale disorganizzazione porta con sé innumerevoli problematiche, come i passaggi generazionali, nei quali gli eredi si trovano ad essere proprietari di collezioni importanti e se ne liberano, trascurando o perdendo informazioni vitali per la vendita di opere d’arte, svalutando senza motivo gli asset posseduti.
Gli artisti prendono spesso coscienza della necessità di avere un archivio in età avanzata, quando la loro produzione è già così corposa da rendere titanico lo sforzo di catalogazione. Faticano a tener traccia delle certificazioni emesse, della loro evoluzione e ad organizzare la documentazione relativa alle opere e alla loro vendita.
Gli archivi sopravvivono in modo analogico e, a meno di casi eccezionali, senza apprezzare che la digitalizzazione porta con sé degli aspetti di marketing molto forti, per promuovere gli artisti e il loro operato in modo quotidiano e semplice.
La comunicazione oggi passa per la maggior parte via web, e l’arte ovviamente si è dovuta
adattare a tale mezzo, ma ci sono ancora player che stentano a comprendere il valore mediatico di una gestione integrata e digitalizzata degli asset artistici.
Dovremmo imparare dagli americani che riescono a valorizzare al massimo i loro asset e creare del marketing anche sulle cose più banali.
Se qualcuno vi regalasse una pietra preziosa la proteggereste, cerchereste di farla fruttare o la vendereste per smobilizzare un asset, ma sicuramente non vi verrebbe in mente di trovare il primo bidone dell’immondizia e gettarla via.
SpeakART sta lavorando perché questo non accada con i patrimoni illiquidi delle opere d’arte, pubblici e privati, cercando di valorizzarli e proteggerli nel tempo e guardando al futuro.
Le prossime frontiere entro il 2021 ci porteranno ad integrare gli NFT, ad un importante upgrade e a lavorare sempre più stretto contatto con l’ambiente assicurativo.
Articolo a cura di Angelica Maritan CEO e Fouder SpeakART
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