Metodologie innovative per la tutela dei beni archeologici dai rischi naturali.
Articolo di Evelina Volpe e Luca Brocca (CNR IRPI – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica)
Il Bel Paese ha l’enorme privilegio di ospitare il più grande patrimonio culturale del mondo; da una recente stima è emerso che mediamente in ogni 100 km2 di territorio sono contenuti più di 30 beni censiti.
Nella pluralità dei beni culturali si inseriscono i siti archeologici, aree caratterizzate dalla presenza di manufatti, realizzati in un’era storica conclusa della vita umana e rappresentativi dell’arte, degli stili di vita e dei livelli economici di civiltà del passato.
Generalmente i siti archeologici, pur rappresentando un’importante testimonianza di storia umana, vengono a trovarsi nello stato di rudere non solo per il trascorrere del tempo ma anche a causa di problemi di natura geomorfologica che coinvolgono l’area. La naturale posizione e ubicazione dei siti li rendono fortemente vulnerabili rispetto ai meccanismi di rottura del terreno, che si verificano a seguito del raggiungimento delle condizioni di equilibrio limite.
L’area archeologica della Valle dei Templi [Cotecchia et al. 2005], il Ninfeo di Genazzano [Amorosi et al. 2015], l’area archeologica di Pompei [Ministero per i beni e le attività culturali e Ministero per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale 2011] e l’area di Ostia Antica [Cecchi 2014], rappresentano alcuni casi emblematici per tipo di movimenti ed estensione delle aree coinvolte. Tuttavia, sebbene l’interesse per la protezione e la salvaguardia dei beni culturali, a livello nazionale e internazionale, ha origini antiche, l’introduzione delle problematiche di tutela dai fenomeni di dissesto, con particolare riferimento ai siti archeologici è davvero molto recente.
In particolare il primo approccio significativo al problema risale al 2010, quando insieme all’ Allineamento delle Linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale alle Nuove Norme Tecniche sulle Costruzioni (NTC, 2008), il Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici presentò le “Linee guida per la conservazione del patrimonio archeologico”, recepite e applicate al caso studio dell’area archeologica di Ostia Antica [Cecchi et al. 2010] e nel Grande Progetto per Pompei [Ministero per i beni e le attività culturali e Ministero per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale 2011].
Obiettivo principale del documento doveva essere quello di fornire un orientamento metodologico per l’elaborazione e la realizzazione di interventi di conservazione del patrimonio archeologico, ovvero costituire una guida per tutti gli interventi volti a mitigare i rischi ma anche finalizzati a valorizzare i siti attraverso opere che ne migliorassero l’uso e la comunicazione. Le aspettative sono state talvolta disattese, anche perché la conservazione dei beni archeologici è legata a molteplici aspetti, e molti sono ancora i siti per i quali nessuna metodologia è stata intrapresa al fine di definire un piano di gestione, manutenzione e riduzione della vulnerabilità dei beni monumentali presenti. Ad ogni modo, aspetti specifici come la sequenza storica, eventuali fasi di rimozione di materiale, interazione terreno-struttura, devono essere necessariamente correlati a fenomeni geologici e geotecnici [Lollino et al. 2006], al fine di interpretare correttamente le diverse evidenze, comprendere chiaramente lo stato degli antichi edifici e quindi valutare le possibili strategie per preservare i beni nel futuro.
Attualmente il problema della tutela dei siti archeologici resta una questione aperta, molti sono i settori coinvolti nel complesso processo di individuazione di una metodologica standardizzata che consenta la salvaguardia di importanti testimonianze storiche, ad ogni modo in tale quadro l’ingegneria geotecnica ha sicuramente un ruolo importante.
L’aumento di intensità e durata degli eventi estremi rendono infatti i versanti che insistono sui beni monumentali più vulnerabili rispetto a fenomeni di scorrimenti superficiali del terreno, e fenomeni franosi sempre più frequenti minacciano i beni monumentali.
Lo studio delle condizioni di stabilità dell’area non può essere chiaramente affrontato con procedure note, in considerazione del fatto che la caratterizzazione meccanica dei terreni è vincolata alla presenza di resti storici importanti, ma richiede una metodologia innovativa capace di inglobare e quantificare le incertezze insiste nel problema che si va a studiare.
Questo è l’approccio con cui abbiamo iniziato ad analizzare le potenziali condizioni di instabilità del sito archeologico di Pietrabbondante, lascito monumentale del popolo dei Sanniti.
Nelle immagini il complesso monumentale di Pietrabbondante e alcuni dettagli del Teatro Sannitico.
Metodologie innovative per la tutela dei beni archeologici dai rischi naturali: la metodologia implementata
La potenziale risposta dell’area culturale ad un particolare evento estremo è stata studiata attraverso l’implementazione, in ambiente Matlab/Octave, di un modello fisicamente basato probabilistico.
L’approccio si rileva una metodologia idonea a descrivere parametri che hanno una naturale incertezza aleatoria, e che nel caso in esame non possono essere caratterizzati attraverso misure puntuali.
Il modello probabilistico rappresenta un’estensione del modello deterministico TRIGRS [Baum et al. 2002], valido in condizioni di completa saturazione; l’approccio lavora quindi attraverso una discretizzazione dell’area di studio in una griglia di celle regolari, ed è costituito da un modello idraulico, per lo studio dell’evoluzione temporale della pressione interstiziale nel terreno, ed un modello meccanico per la valutazione delle condizioni di stabilità.
L’approccio considera 5 variabili aleatorie nel processo di stabilità (coesione efficace del terreno, angolo di attrito del terreno, coefficiente di consolidazione, spessore della coltre superficiale, intensità di pioggia) e stima, attraverso le simulazioni Monte Carlo, la probabilità di collasso (PoF) dell’area analizzata.
Una prima applicazione della metodologia al sito archeologico di Pietrabbondante è contenuta nel lavoro: Protezione e conservazione dei siti archeologici in aree predisposte a fenomeni di dissesto idrogeologico (https://iris.unimol.it/handle/11695/97964), mentre un test preliminare di affidabilità del modello è presente nel lavoro: The Impact of Probability Density Functions Assessment on Model Performance for Slope Stability Analysis ( https://www.mdpi.com/2076-3263/11/8/322).
Grazie alla possibilità di simulare le potenziali condizioni di collasso dell’area, il modello sviluppato si configura come uno strumento utile alla realizzazione di una strategia di azione che va nella corretta direzione delle politiche di mitigazione. L’approccio, sebbene sia nato collegato ad un caso di studio, costituisce una metodologia che può essere adottata sempre, a supporto delle azioni di pianificazione e gestione dell’intero patrimonio archeologico italiano.
L’implementazione del modulo per le condizioni di terreno non saturo, l’utilizzo di dati satellitari e la possibilità di considerare terreni stratificati costituiscono integrazioni importanti, su cui stiamo lavorando, al fine di incrementare i campi di applicabilità della metodologia e l’affidabilità dei risultati.
Bibliografia
Amorosi, A., G. De Felice, D. Boldini and M. Malena (2015). Geotechnical and structural analysis of the Ninfeo di Genazzano. Rivista Italiana di Geotecnica 49(1):29-44, January 2015.
Baum, R.L. et al. (2002). TRIGRS-A FORTRAN program for transient rainfall infiltration and grid-based regional slope-stability analysis. US Geological Survey Open-File Report. USGS.
Cecchi R. and P. Gasparoli (2010). Prevenzione e manutenzione per i beni culturali edificati. Il caso studio delle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, Alinea Ed, Firenze.
Cecchi, R. (2014). Linee Guida per la conservazione delle architetture di interesse archeologico e l’esperienza di commissariamento delle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica. LANX 19 2014, 189-193.
Cotecchia, V., F. Fiorillo, L. Monterisi, and R. Pagliarulo (2005). Slope Instability in the Valley of Temples, Agrigento (Sicily). Giornale di Geologia Applicata 1 (2005) 91 –101, doi: 10.1474/GGA.2005-01.0-09.0009.
Lollino, G. et al. (2006). \UNESCO World Heritage sites in Italy affected by geological problems, specifically landslide and food hazard”. In: Landslides 3, pp. 311-321.
Ministero per i beni e le attività culturali e Ministero per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale (2011). Accordo Istituzionale per l’attuazione del Progetto Operativo 2011-2015 per la tutela e la valorizzazione dell’area archeologica di Pompei: Progetto per Pompei.
Volpe, E.; Ciabatta, L.; Salciarini, D.; Camici, S.; Cattoni, E.; Brocca, L. The Impact of Probability Density Functions Assessment on Model Performance for Slope Stability Analysis. Geosciences 2021, 11, 322. https://doi.org/10.3390/geosciences11080322
Articolo di Evelina Volpe e Luca Brocca (CNR IRPI – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica)
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