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Conservazione delle zone umide e monitoraggio satellitare

In questo breve articolo si evidenzia l’importanza ambientale della conservazione delle zone umide e come le tecnologie satellitari ed il servizio Land Monitoring Service di Copernicus possono contribuire alla loro salvaguardia.

Le zone umide

Sul sito del Ministero dell’Ambiente sono 50 le zone umide censite e inserite nell’elenco di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. Siti che sono acquitrini, paludi, torbiere, zone naturali o artificiali di acque marine la cui profondità non supera i 6 (sei) metri. Un dato, però, che da quando si apprende dal sito ministeriale è aggiornato al 2013.

La regione a detenere più zone umide è l’Emilia Romagna con 10 siti. Tra i siti più importanti spiccano sicuramente le saline, come quelle di Cervia e di Margherita di Savoia. Fonte: https://www.mase.gov.it/pagina/zone-umide-di-importanza-internazionale-0

La Convenzione di Ramsar

Firmata a Ramsar (Iran) il 2 febbraio 1971 è una convenzione sulle zone umide e sugli uccelli acquatici promossa dall’IWRB (International Wetlands and Waterfowl Research Bureau) in collaborazione dell’IUCN (International Union for the Nature Conservation) e del Consiglio Internazionale per la protezione degli uccelli (ICBP – International Council for bird Preservation).

Come si legge dal sito del MASE “la Convenzione si pone come obiettivo la tutela internazionale, delle zone definite “umide” mediante l’individuazione e delimitazione, lo studio degli aspetti caratteristici, in particolare l’avifauna e di mettere in atto programmi che ne consentano la conservazione e la valorizzazione”.

Paludi salmastre serbatoi di carbonio

Le paludi dell’isola di Derrymore, nell’Atlantico in Irlanda, rappresentano un deposito naturale di carbonio. Oggetto di studio da parte di ricercatori dell’University College di Dublino, queste paludi possiedono una qualità unica: le loro erbe palustri, sature di acqua salina, con una ridotta probabilità di decomposizione, trattengono efficacemente il carbonio catturato nel suolo. Questa fiorente zona umida sequestra abilmente il carbonio, ma se il suo delicato equilibrio – né troppo secco né troppo umido – dovesse “rompersi”, si favorirebbe il degradamento dell’ambiente, dalle conseguenze di diventare una fonte di carbonio con impatti negativi sul cambiamento climatico (rif. Could Europe’s coastal wetlands address our climate change concerns?).

Tuttavia, è fondamentale comprendere che l’equilibrio delicato di questi ecosistemi è vulnerabile agli impatti del cambiamento climatico e delle attività umane. Qualsiasi alterazione delle condizioni ambientali, come un aumento delle temperature o cambiamenti nei regimi di precipitazioni, potrebbe compromettere la loro capacità di sequestrare efficacemente il carbonio. Pertanto, è cruciale proteggere e gestire in modo sostenibile questi preziosi habitat per preservare il loro ruolo nel contrastare il cambiamento climatico e garantire la salute degli ecosistemi marini e costieri.

I prodotti biogeofisici

I prodotti biogeofisici della superficie terrestre sono riconosciuti come variabile climatica essenziale (ECV) dal GCOS (Global Climate Observing System). Una variabile climatica essenziale (ECV) è una variabile fisica, chimica o biologica o un gruppo di variabili collegate che contribuisce in modo critico alla caratterizzazione del clima terrestre e forniscono prove empiriche per comprendere e prevedere l’evoluzione del clima. Tra i prodotti biogeofisici per la biosfera: biomassa fuori terra, copertura del suolo, albedo, fuoco, temperatura della superficie terrestre, indice dell’area fogliare (LAI), frazione della radiazione fotosinteticamente attiva assorbita (FAPAR), carbonio nel suolo. Fonte: Essential Climate Variables

Satelliti come osservatori speciali delle zone umide

L’utilizzo di immagini acquisite da piattaforme satellitari ad alta risoluzione, potrebbe contribuire nell’individuare eventuali degradamenti nelle zone umide, proprio grazie all’utilizzo combinato di alcuni prodotti biogeofisici. L’obiettivo di tenere sotto osservazione le menzionate erbe palustri, dalla grande capacità di trattenere il carbonio, consentirebbe di innescare un circuito virtuoso a tutela di quei siti potenzialmente esposti. Il servizio Land Monitoring Service di Copernicus mette a disposizione una serie di prodotti e set di dati, come mosaici di immagini satellitari ad altissima risoluzione, parametri biogeofisici e uso e copertura del suolo, consultabili e scaricabili da questo link: https://land.copernicus.eu/en/products/european-image-mosaic

(Articolo di Vito L’Erario)

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