RestART è una nuova soluzione tecnologica che sarà di supporto per per la ricostruzione ed il restauro di statue che sono andate distrutte e in mille pezzi. Si tratta di un sistema robotico integrato con un laser scanner a supporto dei restauratori per ricomporre i frammenti di statue.
È quanto è stato ideato e brevettato dall’architetto Pietro Nardelli nell’ambito di RestART, il progetto finanziato dall’Unione Europea e Regione Lazio al quale partecipa la società di restauro Ma.Co.Rè srl, in collaborazione con ENEA, che ne ha validato la tecnologia, Museo Nazionale Romano e Istituto Centrale di Restauro di Roma.
Finora il “sistema RestART” è stato applicato su complessi interventi di restauro tra cui la ricomposizione della statua di Diana Cacciatrice di epoca romana, conservata presso il Museo Civico Archeologico Pio Capponi di Terracina (Lazio), in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Latina, Frosinone e Rieti e il Comune di Terracina.
“Questa tecnologia consente di risolvere le frequenti problematiche legate alla movimentazione, al riconoscimento e al ricongiungimento di frammenti, realizzando fori con precisione centesimale, perfettamente coassiali e anche plurimi, in sicurezza e con il minimo sacrificio di materia originale dell’opera d’arte”, spiega l’architetto Pietro Nardelli.
L’idea del progetto RestART risale al 2017 durante l’intervento di restauro e ricomposizione di una statua romana di marmo di grandi dimensioni raffigurante un “togato”. “Il grave quadro fessurativo, unito all’elevato peso dei frammenti, comportava molteplici problematiche e disagi tecnici nelle fasi di movimentazione, riaccostamento e imperniazione. Da qui l’idea di sviluppare una soluzione innovativa per agevolare e migliorare il lavoro del restauratore”, aggiunge Nardelli, che ha eseguito l’intervento con la ditta Ma.Co.Rè, su commissione del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica e sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, presso Villa Madama a Roma.
“Questa tecnologia consente di risolvere le difficoltà operative insite nell’uso di perni strutturali in opere lapidee frammentate di grandi dimensioni e non, ma non può e non vuole sostituirsi al restauratore che mantiene il controllo durante tutto il processo di riaccostamento e foratura”, conclude Nardelli.
Le principali componenti del “sistema RestART” sono: un macchinario a controllo numerico con un braccio robotico che gestisce un trapano integrato con un innovativo sistema di raffreddamento; un software di movimentazione; un sistema di aspirazione e recupero delle polveri originali riutilizzabili durante le successive operazioni di stuccatura; un kit di punte appositamente create; un compressore silenziato; un laser scanner 3D con relativo software di gestione; vari sistemi di sollevamento e movimentazione delle opere e dei macchinari stessi.
ENEA ha curato la validazione scientifica del “sistema RestART” sottoponendo provini di restauro a una serie di test di verifica su tavola vibrante presso il Centro Ricerche Casaccia (Roma). “Abbiamo applicato vibrazioni a intensità crescente, riproducendo gli effetti generati da terremoti estremi o da trasporti ad alta velocità su strada fortemente sconnessa”, spiega Ivan Roselli del Laboratorio ENEA di Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico. “I risultati dei test hanno complessivamente messo in luce che, rispetto ad altri metodi usati finora, il sistema RestART presenta una maggiore efficacia, in grado di contribuire all’avanzamento tecnologico della scienza della conservazione”, conclude Roselli.
(Fonte: ENEA)
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